Vaia, la tempesta che ha sfregiato le Alpi

Milioni di alberi abbattuti da raffiche di vento di 200 km/h. Come mai? Ecco una semplice sintesi per sapere tutto sul disastro provocato dalla tempesta Vaia

Tronchi accumulati dopo la tempesta Vaia

Quando il vento soffia a 200 km/h, spazza via quello che incontra. E così è successo con Vaia, la tempesta che si è lasciata alle spalle un tappeto composto da milioni di alberi abbattuti. Dopo il suo passaggio, la fisionomia delle Alpi del NordEst italiano è cambiata, per sempre. Un disastro indelebile, uno dei peggiori della nostra storia. Ecco una scheda per conoscere i tratti salienti della tempesta Vaia: cause, danni, responsabilità e ripartenza.

Che cos’è Vaia?

Vaia è stata una devastante ondata di maltempo, caratterizzata da diluvi e un vento violentissimo, tra i 100 e i 200 km/h, che ha raso al suolo interi boschi.

Quando c’è stata la tempesta Vaia?

L’ondata di maltempo che ha caratterizzato Vaia è durata 5 giorni, dal 26 al 30 ottobre del 2018. L’inizio “ufficiale” della tempesta è rappresentato dall’allerta rossa per rischio della rete idrogeologica lanciata dalla Protezione civile del Veneto, alle 14 del 26 ottobre. Nei primi giorni ci sono state abbondanti precipitazioni. Poi ci sono stati i temporali e i venti violentissimi.

Dove si è abbattuta la tempesta Vaia?

Vaia si è abbattuta con maggior potenza nell’arco alpino del Trentino e del Veneto, ma ha colpito pure in Lombardia e Friuli Venezia Giulia. In questi luoghi il vento ha sradicato milioni di alberi. Ma ci sono stati anche altri eventi estremi: abbondanti precipitazioni in LIguria, imponenti grandinate in Sardegna, raffiche di vento nel centro Italia e diverse mareggiate in numerose zone costiere.

Come si è formata la tempesta Vaia?

In autunno l’acqua del mare, ancora calda, a contatto con l’aria più fresca, evapora più facilmente e sale sempre più in alto, finché non si condensa in nuvole ricche di pioggia. Nello stesso tempo la salita del vapore acqueo lascia sotto di sé zone di bassa pressione (depressione) che attira aria fredda, che a sua volta favorisce l’evaporazione. Si crea così un meccanismo che si autoalimenta, detto ciclone, che crea grande instabilità atmosferica. 

È quello che è successo a fine ottobre del 2018, quando un ciclone dell’Oceano Atlantico si è spostato ad Est, favorito e alimentato dalla depressione del Mediterraneo, più caldo di ben due gradi rispetto alla media stagionale. Si è creata così un’ondata di maltempo che ha raggiunto l’Italia, portando abbondanti precipitazioni. A quel punto però è arrivato anche lo scirocco, un vento caldo proveniente dalle coste africane. Quando l’aria secca dello scirocco si è mischiata con l’aria umida del ciclone, si generato il disastroso vento con raffiche che superano i 200 km/h.

Come si è manifestata la tempesta Vaia?

La tempesta può essere suddivisa in due fasi

  • La prima fase è costituita da venti umidi e piogge torrenziali, in particolare in Liguria e in gran parte dell’arco alpino. In questa fase ci sono stati ingrossamenti dei principali fiumi e diversi straripamenti, come nel caso del Piave e del Brenta. Sono straripati anche molti torrenti montani, seguiti da frane e smottamenti. 
  • La seconda fase, il 29 e il 30 ottobre, è stata caratterizzata da intensi temporali e vento, con raffiche che hanno raggiunto anche i 200 Km/h. Questa fase ha coinvolto gran parte dell’Italia del centro e del Nord. Ci sono state gravi mareggiate nelle coste tirreniche, precipitazioni intense in Liguria, grandinate in Sardegna e vento violentissimo in molti luoghi, a partire da Roma. Le raffiche più violente, però, sono state quelle delle alpi trentine e venete, dove interi boschi sono stati rasi al suolo.

Quali sono stati i danni?

Otto persone sono morte a causa del maltempo (caduta alberi, fulmini, frane…). Centinaia di persone sono state evacuate. Intere località montane sono rimaste senza elettricità per il crollo di piloni o di alberi sulle linee. Oltre 42 mila ettari di foreste alpine sono state rase al suolo. Decine di milioni di alberi sono stati abbattuti o danneggiati in modo irrimediabile dal vento. Dagli schianti di alberi, inoltre, ha avuto origine l’invasione del bostrico, un coleottero che infesta e uccide gli abeti. I danni economici totali ammontano a oltre tre miliardi di euro. 

Abeti morti a causa del bostrico dopo la tempesta Vaia
ABETI MORTI A CAUSA DEL BOSTRICO – VAL DI SOLE (TRENTO)

Che fine hanno fatto gli alberi abbattuti dal vento?

Dal 10 al 20 per cento degli alberi crollati non sono stati rimossi, perché in zone impervie. Sono un pericolo, perché attirano il bostrico, che poi può infestare le vicine piante sopravvissute alla tempesta. Ma fortunatamente gran parte degli alberi caduti sono stati rimossi e quasi tutto il legname è stato venduto, soprattutto all’estero (innanzitutto in Cina). In Italia, invece, è stato poco utilizzato il legno recuperato dalla tempesta. Motivo in più per segnalare due originali iniziative:

  • Vaia Cube: un amplificatore naturale per l’audio del cellulare, fabbricato con il legno recuperato dopo la tempesta. È l’iniziativa di un team che si ripropone piantare 100mila alberi nelle Dolomiti
  • Il Drago Alato di Magré: l’artista Marco Martalar ha utilizzato 2mila scarti di arbusti per creare il drago di legno più grande d’Europa: 6 metri di altezza per 7 di lunghezza. L’opera, che si trovava in cima a un monte a Magrè, frazione di Lavarone (TN), è stata completamente bruciata in un rogo doloso nell’estate 2023. Martalar ha comunque creato diverse altre sculture, tra cui il “Leone Alato” di Roana (VI)

La responsabilità di questo disastro è umana?

La maggior parte degli alberi caduti sono abeti rossi, piantati in blocco nel primo dopoguerra. Altri alberi, come gli abeti bianchi, i pini o i larici, dotati di radici che scendono più in profondità, hanno opposto maggior resistenza al vento. Ci si interroga quindi se non sia stato un errore la creazione umana di boschi formati esclusivamente di abeti rossi, che oltretutto hanno poi favorito l’invasione del bostrico.

E poi c’è il discorso del riscaldamento globale, innescato dai gas ad effetto serra immessi dall’uomo in atmosfera. Non si può collegare direttamente un singolo fenomeno meteorologico al cambiamento climatico. Però è assodato che esso favorisca gli eventi estremi e che la tempesta Vaia sia stata agevolata dall’alta temperatura del mare.

Perché questa tempesta si chiama “Vaia”?

L’Università di Meteorologia di Berlino, che attribuisce il nome dei cicloni e anticicloni in Europa, offre la possibilità di aggiungere il proprio nome nella lista da cui vengono scelti, in modo casuale, i nomi da assegnare a uno specifico evento meteo. È un servizio a pagamento. La bassa pressione, che ha originato la disastrosa tempesta del 2018, è stata assegnata a Vaia Jacobs, un’imprenditrice tedesca nel settore dei materassi. Il suo nome è stato inserito nella lista come regalo, originale, da parte del fratello.

SCENARI ALPINI PRIMA E DOPO IL PASSAGGIO DI VAIA