La pesca intensiva spiegata ai bambini

Pesci a rischio estinzione, meduse ed ecosistemi stravolti. Ecco una guida per capire cause e conseguenze della pesca intensiva

Una cassa piena di pesce appena pescato
Fonte: lockerswatanabe- Pixabay

Stiamo impoverendo il mare. Peschiamo così tanti pesci, come tonni o sgombri, che un giorno potrebbero non esserci più. Questo fenomeno prende il nome di “pesca intensiva” e minaccia tutto l’ecosistema marino. Estinzione di specie, invasioni di altre specie (come le meduse), devastazione dei fondali: sono solo alcuni dei danni causati. In questa guida ci sono gli elementi fondamentali (cause, conseguenze e soluzioni) per comprendere il problema della pesca intensiva.

Che cos’è la pesca intensiva

La pesca intensiva consiste nel prelevare troppi pesci dal mare, superando la naturale capacità di ricrescita di alcune specie in determinate zone. Succede, ad esempio, quando in un tratto di mare si pescano così tanti tonni, che questi non riescono a riformare la stessa quantità di popolazione tramite la riproduzione. Se questo problema, poi, si ripetesse, anno dopo anno, allora i tonni, calerebbero sempre di più, fino al rischio di scomparire. E purtroppo nel mondo moderno questo problema si sta ripetendo, anno dopo anno. Vediamo perché

Le cause della pesca intensiva

  • Domanda di pesce – Il consumo di pesce sta aumentando: se negli anni ’60 del secolo scorso una persona mangiava in media 10 chili di pesce in anno, oggi se ne mangiano 20 chili procapite.(1) Il doppio. A questo bisogna aggiungere, poi, che la popolazione mondiale è in costante crescita. Oggi ci sono 8 miliardi di persone
  • Offerta di pesce – Di conseguenza anche la pesca è aumentata: oggi nel mondo ci sono quasi 60 milioni di persone impegnate in quel settore, e oltre 4 milioni di imbarcazioni utilizzate.(1) I pescherecci, inoltre, sono diventati anche molto più potenti ed efficienti rispetto a una volta 

L’impatto ambientale

Oggi i pescherecci hanno motori sempre più potenti e sono in grado di spingersi a centinaia di chilometri dalla costa. Anche le tecniche e gli strumenti di pesca sono avanzati e riescono a scendere a profondità sempre maggiori. Ad ogni uscita in mare l’obiettivo è quello di prelevare quanto più pesce possibile, altrimenti lo prenderà qualcun altro. Ma alla fine in mare resta ben poco. Oltre un terzo delle risorse ittiche mondiali sono sovrasfruttate. I mari più penalizzati sono il Mediterraneo e il Mar Nero.(1) L’Italia è uno dei paesi con le statistiche peggiori: oltre il 90% delle risorse ittiche lungo le sue coste sono in sofferenza a causa della pesca intensiva.(2)

Le conseguenze della pesca intensiva

  • Specie a rischio – In quasi tutto il mondo la quantità di sgombri, tonni, squali e razze è diminuite drasticamente. Il tonno rosso e lo squalo martello sono a rischio estinzione. Gli squali vengono pescati perché le pinne sono diventate un cibo molto ricercato in Asia.
  • Ecosistemi travolti – Pescare solo determinati pesci (come trote o tonni), può apportare dei vantaggi ad altre specie, che possono prendere il sopravvento. Inoltre la diminuzione di pesci causa una sovrabbondanza di sostanze nutrienti (come il fitoplancton): questa è una delle cause delle sempre maggiori invasioni di meduse che avvengono anche in Italia
  • Vittime collaterali – Dentro le reti dei pescatori finiscono anche molti animali, come tartarughe e delfini, che non hanno mercato. In quel caso vengono ributtati in mare, ma sono spesso morti o agonizzanti. La pesca a strascico, che avviene trainando grosse reti, devastano i fondali marini, sradicando le barriere coralline o la posidonia oceanica.
  • Inquinamento – In mare finiscono tanti rifiuti derivanti dall’attività di pesca: reti, ami, lenze e ancore, solo per fare degli esempi. Le reti da pesca, in particolare, diventano trappole mortali e sono uno dei principali rifiuti di plastica in mare.
  • Pesca – Può sembrare un paradosso, ma chi paga le conseguenze della pesca intensiva, alla fine, sono i pescatori stessi. Se calano troppo le loro prede, la loro fonte di sostentamento viene a mancare 

Come risolvere il problema

I danni causati dalla pesca intensiva sono diventati gravi e diffusi. Di conseguenza le comunità internazionali, i pescatori e i consumatori si sono mossi per cercare soluzioni. Ecco le principali azioni intraprese.

  • Norme – La pesca è oggi regolamentata: le norme stabiliscono le quote di pesce che si può prelevare. In alcune zone, poi, la pesca può essere fatta solo in determinati periodi, come la caccia. Le principali norme seguite in Italia sono la Politica Comune sulla Pesca(4) (regolamento europeo) e la Strategia per l’ambiente marino(5) (direttiva europea attuata col D.Lgs 13 ottobre 2010).(6) Le norme si scontrano però con la difficoltà di effettuare controlli, in particolare in acque internazionali
  • Aree protette – Nelle aree protette non è ammessa nessuna attività di pesca. L’obiettivo, sia dell’Unione Europea che dell’Onu, è quello di estendere le zone di protezione, fino raggiungere una copertura del 30% del mare in tutto il pianeta
  • Acquacoltura – Gli allevamenti di pesce sono aumentati notevolmente negli ultimi decenni. Hanno il pregio di produrre cibo senza intaccare le risorse idriche in mare aperto. Ma ricevano anche molte critiche dalle associazioni ambientaliste: i pesci passano tutta la loro vita ammassati in gabbie e si nutrono di farine di pesce catturato in mare
  • Consumatori – Una crescente consapevolezza dei consumatori può spingerli verso comportamenti etici: ad esempio mangiare meno pesce o informarsi sui metodi di pesca utilizzati. Ci sono anche organizzazioni, la più famosa è la MSC,(7) che informano sulla sostenibilità dei prodotti che finiscono al supermercato

FONTI

  1. World fisheries and acquacolture – Report della Fao
  2. Pesca e acquacoltura – Annuario dei dati ambientali di Ispra
  3. Marine fish stocks – Analisi dell’Agenzia ambientale europea
  4. Politica Comune sulla Pesca – Regolamento europeo
  5. Strategia per l’ambiente marino – Direttiva europea 2008/56/CE
  6. D.Lgs 13 ottobre 2010 – Attuazione della direttiva 2008/56/CE
  7. Marine Stewardship Council – Sito italiano della MSC