I daini, introdotti dall’uomo, sono scappati dalla cattività e hanno invaso la foresta del Circeo, minacciando l’intero ecosistema

Troppi daini. Divorano tutta la vegetazione alla loro portata, dai due metri in giù. E così scompaiono i prati, i cespugli, le piante giovani. Anche gli insetti e altri piccoli animali non ci sono più. È la nuova e desolante cartolina del Parco nazionale del Circeo: chilometri e chilometri di foresta senza sottobosco. Un silenzio quasi irreale. Ma come è possibile che i daini abbiano devastato questo ampio e selvaggio angolo verde?
La foresta del Circeo
Il parco nazionale del Circeo è un ampio territorio (quasi 9.000 ettari) lungo la costa tirrenica del Lazio, tra Anzio e Terracina. È formato da diversi e unici ecosistemi, come la duna litoranea o i grandi laghi costieri. Tra questi ecosistemi spicca anche la foresta, che coi suoi 3.300 ettari di estensione è il più grande bosco di pianura in Italia. Vanta la peculiarità di mantenere le caratteristiche dell’antica Selva di Terracina, con la stessa vegetazione che c’era prima della bonifica degli anni Trenta. Tra le specie vegetali annovera il frassino, il leccio, il biancospino, l’erica e il pungitopo. Tra gli animali ci sono la lepre, la volpe, la testuggine e il tritone. E poi è arrivato il daino, che ha rotto l’equilibrio dell’ecosistema e messo in repentaglio l’esistenza dell’antica selva.
La storia dei daini nel parco del Circeo
I daini arrivano nella foresta del Circeo nel 1953. A portarli è l’ex azienda di Stato per le Foreste demaniali, che segue dei programmi di allevamento di selvaggina con lo scopo di ripopolamento. I daini sono sistemati in un grande recinto di 400 ettari. Negli anni Ottanta, però, alcuni di loro riescono a scappare dalla recinzione e si liberano dalla cattività. La foresta diventa per loro un ottimo ambiente, ricco di cibo e con pochi antagonisti e predatori. Da quel momento il loro numero cresce in continuazione. Nel 2020 l’ente Parco Nazionale del Circeo calcola una popolazione di quasi 1800 capi, in continua crescita. Troppi per la sostenibilità dell’ecosistema della foresta.
I danni causati dal daino alla foresta
Il daino causa dei danni, quando in soprannumero rispetto al territorio occupato, attraverso quattro attività: brucatura, scortecciamento, sfregamento e pascolo
- Brucatura – Il daino è molto vorace e può mangiare praticamente qualunque tipo di vegetazione alla sua portata. Predilige le nuove foglie, i germogli, le ghiande e le piante appena nate. Questo comporta un grave rischio per il rinnovamento del bosco, che si ritrova ad invecchiare senza che le nuove piante sostituiscano quelle decadenti.
- Scortecciamento – I daini mordono e rimuovono parte della corteccia degli alberi. In questo modo è più facile per i parassiti aggredire le piante, che si indeboliscono
- Sfregamento – I daini maschi hanno l’abitudine di sfregare le corna sui tronchi e sui rami, per agevolare la caduta annuale dei palchi e per marcare il territorio. Se questa attività porta via la corteccia dell’intera circonferenza dell’albero, può causarne la morte
- Pascolo – Quando in sovrannumero in un dato territorio, anche il calpestio continuo del suolo causa danni alla vegetazione e all’equilibrio dell’ecosistema
Com’è la foresta del Circeo a causa dei daini?
A causa del sovrannumero dei daini la foresta del Circeo presenta ampie porzioni senza sottobosco. Dai due metri in giù non c’è nessuna traccia di vegetazione. Non crescendo nuove piante, è a rischio il rinnovamento del bosco (che deve avere alberi di tutte le età). Ma la mancanza di sottobosco comporta un stress a tutto l’ecosistema: non si vedono, né sentono, gli insetti, ma anche diversi altri animali rischiano di scomparire. È sempre più difficile vedere, ad esempio, la lepre italica, una specie la cui conservazione è minacciata in tutto il paese.
La “gestione” dei daini
Per questi motivi l’ente Parco nazionale del Circeo ha intrapreso un piano per la gestione del daino, per ridurne il numero. I metodi intrapresi per raggiungere questo obiettivo sono l’abbattimento oppure la cattura e cessione a terzi: ad aziende agricole, turistiche o venatorie, ad allevamenti a scopo alimentare o anche a privati a scopo “ornamentale”. Quest’ultima opzione, nota come “adozione” del daino, è arrivata dopo molte proteste di cittadini e animalisti.
Le proteste degli ambientalisti
Diverse associazioni ambientaliste lamentano il fatto che alla fine sia l’animale a pagare per errori umani. Contestano tra l’altro che tra i metodi utilizzati per il contenimento non ci sia la sterilizzazione. Infine lamentano il fatto che anche la via non cruenta, ovvero la cattura e cessione a terzi, preveda tra i destinatari aziende venatorie e allevamenti a scopo alimentare. E quindi il destino del daino catturato sarebbe comunque segnato.
Le specie aliene al parco del Circeo
Quello dei daini non è né il primo né l’ultimo caso in cui l’introduzione di animali da parte dell’uomo al parco del Circeo comporta dei danni. Negli anni ’20 del secolo scorso furono introdotte dei pesci, le gambusie, affinché mangiassero le larve delle zanzare. L’obiettivo era quello di contrastare la malaria. In realtà le gambusie, oggi diffuse, hanno divorato le larve di diversi anfibi autoctoni, che rischiano di scomparire. Al contrario delle zanzare, sempre numerose. Molto diffusa anche la tartaruga americana, spesso rilasciata dai loro proprietari. Il parco del Circeo, attraverso numerose note, chiede di non introdurre specie aliene al fine di tutelare gli animali autoctoni.