Il buco dell’ozono spiegato ai bambini

Lo strato dell’ozono, che avvolge e protegge la Terra, è minacciato dall’uomo. Ecco una scheda per conoscere l’abc sul buco dell’ozono

Immagine della Terra circondata dallo strato dell'ozono
LO STRATO DELL’OZONO AVVOLGE LA TERRA – Fonte: COPERNICUS

Niente vita nelle terre emerse. Questo succederebbe se tutti i raggi ultravioletti del sole, diretti verso la Terra, raggiungessero la crosta terrestre. Ma non succede. Grazie a uno scudo, situato una ventina di chilometri sopra le nostre teste, formato da ozono. Questo scudo naturale, però, si è indebolito, a causa delle sostanze emesse dalle attività umane. Le conseguenze potrebbero essere disastrose. Per questo motivo il “buco dell’ozono” è diventato uno dei fenomeni ambientali più temuti e dibattuti negli ultimi quarant’anni. Anche se, in realtà, molti fanno confusione: l’ozono fa bene o fa male? Il buco si è chiuso o no? Quali sono le cause? E le conseguenze? Ecco una serie ragionata di domande e risposte per capire, in modo chiaro e semplice, l’abc del buco dell’ozono.

Che cos’è l’ozono?

L’ozono è un gas trasparente. Da un punto di vista chimico è una molecola formata da tre atomi di ossigeno (O₃). Si forma nell’atmosfera grazie all’interazione tra i raggi del sole e l’ossigeno: l’energia delle radiazioni solari scinde la molecola di ossigeno (O₂) in due atomi di ossigeno separati (O), che poi vanno a legarsi con altre molecole di ossigeno, formando l’ozono (O + O₂ = O₃).

Dove si trova l’ozono?

Il 90% di tutto l’ozono si trova nella stratosfera, tra i 15 e i 40 chilometri di altezza. In questa fascia si forma lo strato dell’ozono, che intercetta e assorbe i raggi ultravioletti. L’interazione con le radiazioni solari scinde nuovamente la molecola O₃ in atomi di ossigeno, che poi si ricombinano fino a riformare nuove molecole di ozono. Si crea così un ciclo rigenerativo che intrappola i raggi ultravioletti: restano bloccati, in questo modo, tutti i raggi UVC e il 90% dei raggi UVB, che avrebbero un effetto distruttivo per gli ecosistemi e per la vita nel pianeta. Lo strato dell’ozono, quindi, ha un ruolo fondamentale per l’evoluzione della Terra, ma il suo equilibrio è fragile e le insidie non mancano.

Come si forma il buco dell’ozono?

Le insidie maggiori sono gli atomi di cloro e bromo: nella stratosfera si connettono con atomi di ossigeno “scippati” all’ozono, che, in questo modo, si disperde. Purtroppo cloro e bromo nella stratosfera ci arrivano, soprattutto, a causa delle attività umane. In particolare il cloro è presente in un gas, detto clorofluorocarburo (CFC), utilizzato per i sistemi di refrigerazione, le bombolette spray e le schiume isolanti. Questo gas ha il vantaggio di non essere infiammabile, né tossico, né costoso da produrre. Per questo motivo comincia a essere utilizzato in modo massiccio nella seconda metà del secolo scorso, quando si diffondono gli elettrodomestici. Ma se liberata in aria, questa miscela, in seguito all’interazione con le radiazioni solari, rilascia atomi di cloro. Un solo atomo di cloro può restare nella stratosfera per decenni e modificare fino a centomila molecole di ozono. Per questo motivo lo scudo contro i raggi ultravioletti si assottiglia, si buca e, poi, il buco si allarga.

Dove si forma il buco dell’ozono?

L’assottigliamento dello strato di ozono c’è ovunque. Ma dove forma il buco è sopra l’Antartico. In questa zona le masse d’aria formano dei vortici in cui confluiscono sia l’ozono sia i composti con fluoro e cloro. Queste sostanze restano inattive all’interno di dense nubi polari che si formano nei periodi più freddi. Ma con l’arrivo dei primi raggi primaverili, le radiazioni scindono e attivano gli atomi di cloro e bromo, molto reattivi, che distruggono le molecole di ozono. È in questo periodo (primavera australe, durante il nostro autunno) che si forma ciclicamente il buco dell’ozono sopra il Polo Sud. Poi il buco si richiude dopo un paio di mesi, quando le radiazioni solari, sempre più forti con l’arrivo dell’estate, attivano le reazioni con l’ossigeno che crea nuovo ozono.

Quando è stato scoperto il buco dell’ozono?

La scoperta della presenza dell’ozonosfera risale all’inizio del XX secolo. A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso Paul Crutzen (chimico olandese, che in seguito coniò il termine “Antropocene”) scoprì come si modificava l’ozono a contatto con il protossido di azoto immesso dagli aerei. Nel 1974, invece, un articolo su Nature, firmato dal messicano Mario Molina e dall’americano Frank Sherwood, denunciava il degrado dello strato di ozono a causa dei CFC. Per queste scoperte i tre studiosi hanno vinto il Nobel per la chimica nel 1994. Dalla metà degli anni 70 si comincia quindi ad osservare e studiare lo strato dell’ozono. Nel 1985 alcuni studiosi britannici scoprono il buco dell’ozono ricorrente sopra l’Antartico. Un buco che sembra ingrandirsi, di anno in anno.

Quali sono le conseguenze per l’uomo?

Il buco dell’ozono lascia passare tutti i raggi ultravioletti. Fortunatamente il buco si forma solo sopra l’Antartico, disabitato. Ma anche solo l’assottigliamento dello strato di ozono consente una maggiore penetrazione dei raggi UVB sulla crosta terrestre. Questi radiazioni possono causare tumori della pelle, ustioni solari, problemi agli occhi e al sistema immunitario. Inoltre sono in grado di inibire la fotosintesi delle piante e distruggere il fitoplancton, che sono alla base della catena alimentare della fauna terrestre e marina.

Quali rimedi sono stati adottati?

Per arginare questo problema nel 1987 viene siglato, per la prima volta nella storia, un accordo internazionale sul clima: il protocollo di Montreal del 1987, che vieta progressivamente diversi gas considerati nocivi per l’ozono. Primo fra tutti, ovviamente, il CFC. All’inizio i composti di clorofuorocarburi vengono sostituiti con gli idrofuorocarburi (HFC), che non contengono cloro e non intaccano l’ozono. Ma si scoprirà poi che gli HFC hanno una grave impatto nel riscaldamento globale dovuto all’effetto serra. Un emendamento del 2016, allora, impone limiti anche per gli HFC. Le miscele su cui si punta ora sono le idro-fluoro-olefine (HFC), che non intaccano l’ozono e hanno un basso impatto nell’effetto serra.

Com’è il buco dell’ozono oggi?

Gli effetti dei provvedimenti adottati non si sono fatti attendere. La dimensione del buco dell’ozono è aumentata fino al 2000, quando ha toccato il suo record. Poi ha cominciato progressivamente a diminuire. Con qualche eccezione però: i buchi del 2020 e del 2021, ad esempio, sono stati tra i più grandi e duraturi mai registrati. Tuttavia gli esperti sono concordi nel ritenere che questi episodi siano dovuti a variabili meteorologiche e non intaccano la validità delle misure del protocollo di Montreal, senza le quali la situazione oggi sarebbe molto più grave. Tanto è vero che la soluzione sembra sempre più vicina. Il report dell’Onu del 2022 stima che il buco possa tornare ai livelli del 1980 relativamente presto: intorno al 2045 nella zona artica, intorno al 2066 nella zona antartica.

L’ozono inquina?

L’ozono nella stratosfera è utile e fondamentale, in quanto respinge i raggi ultravioletti. Il 90% dell’ozono si trova lì. A quote più basse (nella troposfera), nell’aria che respiriamo, la sua concentrazione è molto inferiore. L’ozono troposferico nasce per una reazione chimica che nasce dal contatto tra alcune sostanze nocive (derivanti dai gas emessi da autoveicoli e industrie) con le radiazioni solari. Rappresenta una grave forma di inquinamento atmosferico. L’esposizione all’ozono, oltre una certa concentrazione, è dannosa. Può provocare tosse e irritazioni agli occhi, al naso, alla gole e all’apparato respiratorio.