Pianta invasiva cinese importata secoli fa per ornare le strade e produrre seta. Ora non si sa più come liberarsi dell’ailanto

Lo si trova ovunque: nei bordi delle strade, nei marciapiedi, nei fossi, nei parchi. L’ailanto, pianta asiatica presente in Italia da qualche secolo, cresce indisturbato e colonizza sempre nuovi spazi. Non teme parassiti, siccità e inquinamento, si adatta a qualsiasi terreno e ama il territorio urbano. Per questo motivo era tanto amato al momento della sua introduzione nel nostro paese. Ora però è diventato una minaccia per l’ambiente e la sua gestione preoccupa mezzo mondo. Vediamo i tratti salienti della storia dell’ailanto.
Caratteristiche dell’ailanto
Il suo nome è Ailanthus altissima ed è originario della Cina e del Vietnam. Nella lingua malese Ailanthus significa “albero del cielo”. In occidente è diventato “l’albero del Paradiso”, perché è molto alto (può raggiungere fino a 30 metri di altezza), ma è anche molto bello. Ha un fusto eretto che si dirama verso l’alto, con un elegante fogliame verde lucente, composto da coppie di foglioline a forma di penne. Alla base della foglia ci sono delle ghiandole con un odore amarognolo che respinge i parassiti. Le sue radici hanno la capacità di estendersi notevolmente, sia in orizzontale che in verticale. Questa caratteristica la rende una pianta molto resistente, adatta a molteplici terreni e climi. La sua bellezza e la sua resistenza hanno spinto la diffusione dell’ailanto fuori dal continenti asiatico
Dalla Cina al resto del mondo
Bello, resistente e dalle limitate esigenze di acqua, l’ailanto diventa la pianta ideale per “arredare” le città. Nel XVIII secolo viene importato in molti paesi, in particolare negli Stati Uniti e in Europa, Italia compresa. I motivi sono per lo più ornamentali: vengono piantati lungo le strade, ma anche nei parchi. L’ailanto è anche utilizzato per consolidare terreni franosi, vicino ai fiumi o nelle scarpate. Risulta inoltre utile per bonificare e rinaturalizzare velocemente i terreni delle cave minerarie. Infine, per un certo periodo, viene anche utilizzato per produrre la seta, grazie a un particolare bruco (il bombice dell’ailanto), nella metà del XIX secolo nell’orto botanico di Trieste. Insomma, l’ailanto viene importato e apprezzato in tutto il mondo per diverse ragioni. Ma ben presto l’entusiasmo si trasforma in preoccupazione.
La diffusione incontrollata
Nel XX secolo l’ailanto si è ormai diffuso in tutto il mondo, eccetto l’Antartide. In Europa predilige in particolare i paesi mediterranei. In Italia lo si può trovare praticamente ovunque, escluse le zone montuose sopra i mille metri. Le piante di ailanto non solo si adattano bene, ma crescono di numero in modo impressionante, ben oltre le aspettative. Spuntano ovunque, in qualunque tipo di terreno e anche dove terra sembra non esserci proprio, nelle fessure dell’asfalto, nei marciapiedi, nei muri. Oltre che resistente, l’ailanto si dimostra vorace e la sua gestione diventa un grosso problema.
L’invasività dell’ailanto
L’ailanto è una pianta di rapida crescita, produce precocemente i semi e ne produce tanti (300mila ogni anno) che sono poi rilasciati gradualmente, tra l’autunno e la primavera. In questo modo è più facile che i semi trovino le condizioni ideali per attecchire. La pianta cinese ha anche un’elevata capacità di rigenerarsi da frammenti di fusto o di radice; quindi se si taglia una pianta di ailanto, ricresce. Inoltre, grazie alla sua capacità di resistere alla siccità e alle alte temperature, ben si adatta al cambiamento climatico. L’ailanto comincia a invadere sempre nuovi territori e i problemi non tardano ad emergere.
L’impatto ambientale dell’ailanto
Nei contesti urbani l’ailanto cresce e infesta strade, marciapiedi, muri, minacciando la loro integrità. Eliminarlo richiede tempo e denaro. Ma i danni principali si hanno nei contesti naturali o semi-naturali. La sua crescita incontrollata toglie spazi per le specie autoctone. Inoltre la corteccia e le foglie dell’ailanto rilasciano delle tossine che inibiscono la crescita di altre piante. Da un punto di vista sanitario, il polline dell’ailanto risulta molto fastidioso per gli allergici e il contatto con foglie e corteccia più provocare dermatiti.
In Europa diventa una specie aliena invasiva
Nel 2019 l’ailanthus altissima viene inserito nella lista delle specie aliene invasive di rilevanza unionale. Di conseguenza il suo commercio diventa proibito: non è più possibile acquistare e seminare nuove piante. Ma ormai la frittata è fatta e il problema della gestione, non semplice, della specie invasiva diventa prioritario. Tutti i paesi europei, infatti, sono ora tenuti a monitorarlo ed evitare che continui a diffondersi. L’imperativo per arginarlo è quello di rimuovere le nuove piante, in quanto ormai è troppo diffuso per immaginare la sua totale eliminazione.
L’eliminazione dell’ailanto
Solo con le giovani piante, infatti, è efficace la semplice rimozione manuale. Per eliminare gli alberi già grandi è necessaria sia la rimozione che l’utilizzo di fitofarmaci. Per evitare la nuova crescita dell’ailanto nelle zone verdi, è inoltre consigliato piantare e far crescere alberi e arbusti autoctoni e monitorare a lungo la zona. L’eliminazione dell’ailanto è un’operazione complessa e prolungata nel tempo